Ricordo ancora quella volta che sono caduta in bicicletta, avrò avuto circa otto anni. Il problema non era la caduta, ma la ferita, il dolore che sentivo provenire dalla caviglia.
Era un taglio profondo e necessitava di punti chirurgici. In quel momento non sapevo cosa immaginarmi, ero terrorizzata, non sapevo nulla di ospedali e operazioni, avevo talmente tanta paura che pensavo mi avrebbero tagliato la gamba.
Mia mamma ha cercato di rassicurarmi in tutti i modi, dicendomi che sarebbe andato tutto bene, che nessuno mi avrebbe fatto del male, che anzi la ferita sarebbe guarita e io sarei tornata a correre in bici come prima.
In cuor mio non sapevo se crederle, il dolore e la paura erano più forti di qualsiasi pensiero e speranza nel futuro: finchè non avessi visto con i miei occhi che davvero stavo guarendo, non avrei creduto, non mi sarei fidata.
Ed oggi, a ricordarmi di quel giorno e dei giorni seguenti con la caviglia fasciata è solo una piccola cicatrice. Ora lo ricordo con un sorrido, ma quel giorno, mentre le mie emozioni e i miei timori prendevano il sopravvento su tutto, io non riuscivo a vedere nient’altro che il peggior scenario: non avrei più camminato.
Ci sono giorni che mi sembra di tornare ad essere quella ragazzina impaurita che vede tutto nero. E in aggiunta, è molto più difficile venir rassicurati e coccolati attraverso una videochiamata.
Penso che questo distacco, questo allontanamento ci faccia sentire proprio come quella ragazzina: disorientati, terrorizzati, ci sembra di vedere solo il peggio e non siamo neppure lucidi nell’ascoltare quello che ci viene suggerito, da chiunque provenga. Desideriamo solo una cosa: risolvere velocemente il problema, guarire ed uscire.
All’epoca per me è stato difficilissimo dover stare con la gamba ferma, pazientare che la ferita si chiudesse, non poter correre, giocare, sopportare i fastidi della pelle che tira…eppure nonostante la resistenza, giorno per giorno lasciavo che quel tempo trascorso in maniera diversa, strana, costretta, guarisse il mio corpo.
Ora ci troviamo nel bel mezzo di questo tempo di “guarigione”, vincolati, in attesa di poter riprendere le nostre attività, eppure noto una sostanziale differenza di atteggiamento.
Quando ho visto i primissimi miglioramenti alla caviglia, non ho smesso per un secondo di immaginarmi con fiducia il poter tornare a correre in bici, saltare come prima, più di prima, meglio di prima.
Certo la lezione era chiara, avrei fatto più attenzione di prima sulle curve, ma nessuno mi avrebbe convinto a non uscire più con il timore di farmi male.
Ora siamo in grado di tornare a vivere, tornare ad uscire?
Ripensiamo alle feste all’aperto con gli amici, le passeggiate in montagne, le nuotate al mare, le risate al bar, vogliamo fortemente riprovare tutto?
Oppure ci stiamo facendo convincere che dobbiamo temere a voler il contatto fisico con gli altri, che facciamo bene a proteggerci costantemente 24 ore al giorno, bocca, mani, tutto, anche dall’aria e dal sole?
Ci sta forse piacendo di più fare gli aperitivi con le videochat e il corso di pilates in diretta Facebook?
La vita è composta da una miriade di lezioni da imparare, alcune saranno più leggere esattamente come quella che ho imparato cadendo in bici.
Altre, come questo virus, metteranno a dura prova le nostre abitudini e le nostre convinzioni, ma è comunque l’ennesima lezione da imparare.
Cosa succede dentro di noi?
Preferiamo rimanere in ostaggio dell’ignoto, di ciò che ci spaventa, ci lasciamo terrorizzare da qualcosa di sconosciuto, piuttosto che confidare in ciò che sentiamo essere vero e necessario per la nostra vita: il bisogno del calore umano.
Non esisterà mai nulla che potrà sostituire il contatto umano, fisico e relazionale.
Non ci saranno mascherine, nè guanti, nè vaccini che limiteranno il nostro bisogno di essere toccati.
E’ proprio nell’isolamento, nella distanza emotiva che ci ammaliamo.
Sentiamo e riconosciamo dentro di noi qual è la verità
Se per caso vi è venuto il dubbio che non sia così, se vi chiedete cosa sia meglio per voi, chiudete gli occhi e andate con la memoria all’ultima volta in cui vi hanno abbracciato forte, vi hanno baciato teneramente, vi hanno accarezzato e cullato e ricordate ciò che avete provato sulla vostra pelle e nel vostro cuore.
Quella sensazione di pace, tenerezza, amore, fiducia, non potrà essere sostituita, nè copiata o riprodotta, da alcun video, o schermo o telefono.
Quella sensazione è ciò che ci fa essere vivi e scaturisce solo da due cuori che hanno deciso di incontrarsi.