Arrivi a casa e la prima cosa che vuoi fare è raccontare ciò che ti è successo. Hai bisogno di tirar fuori tutto, non farlo subito ti sembra una costrizione. Le braccia tese, la gola “chiusa” o il petto dolente sono i segnali inequivocabili. La persona che ti accoglie, che ti saluta, che sia il genitore, l’amica, il partner potrebbero non esser dello stesso parere, anzi. Succede che dopo poche frasi del tuo racconto, ti zittiscono insofferenti o ti sormontano perchè anche loro hanno ben di peggio o di meglio da raccontarti.
Ecco che ti senti non ascoltata. Non capita.
Quanti giudizi affiorano ora…su di te, sull’altra persona…ma non sfugge il fatto che il bisogno che avevi non è stato soddisfatto.
Come si fa? Di chi è la responsabilità?
Quando ci accade qualcosa e sentiamo di volerlo raccontare, diffondere, condividere, non ci rendiamo conto che ci stiamo concentrando esclusivamente su noi stessi. Soprattutto quando ci rimaniamo male se dall’altra parte (persone, social, ect), non c’è un riscontro, una risposta, un commento. Da chi dipende? Sono gli altri a non capire oppure siamo noi che non sappiamo comunicare i nostri bisogni?
Una delle lezioni che ricordo con maggior nostalgia è quando mi è stato detto “ora chiudi gli occhi e premi, senti con le mani“.
Mi trovo al corso professionale di Shiatsu. L’insegnante decide di metterci alla prova: dobbiamo bendarci tutti, sia chi preme, sia chi tratta. Io sconvolta pensavo “come cavolo faccio a premere con gli occhi chiusi?” …immaginavo già uno scenario dove potevo sbagliare pressione, far male e sentirmi angosciata. L’insegnante ci disse queste esatte parole “ora siete liberi di premere, sentite con le mani, con la pancia, con il corpo, non con gli occhi”.
Cosa accadde? Inizialmente non sapevo cosa fare…mi sentivo davvero monca senza occhi. Ero costretta ad usare un altro senso, un’altra bussola, un altro modo di toccare, dovevo farmi guidare da qualcos’altro. Ancora oggi quando sono in dubbio mi affido a questo senso, chiudo gli occhi e lascio che mi guidi…le mie mani lo sanno dove andare.
Come si fa? Ci si fida!
Oh sì per niente facile all’inizio… …io sento, se mi fido… di chi? Di me, dello Shiatsu, del motivo che mi spinge ad esser lì per quella persona, di chi riceve che a sua volta si fida di me. E’ fiducia che dilaga, quella che non oppone resistenza, che non chiede tributi in cambio, se non quello di essere lì, in uno stato di presenza consapevole
Hai mai sentito l’espressione “FEEL and DEAL”?
Come dire “abracadabra” o “apriti sesamo”. Dovrebbe diventare una sorta di parola d’ordine, un moderno GPS che ci riconnette con i nostri sentimenti.
FEEL essere aperti e disponibili a sentire quel che sto provando.
DEAL trovare un modo per esprimerlo, per accordarmi ad esso e agire.
Non so se sapevi che il sentire regola la vita sociale, ha un ruolo importantissimo nel determinare le decisioni e le cognizioni. Quando viviamo disconnessi dal sentire (emozioni represse o somatizzate) non sappiamo COSA sentiamo, nè DOVE lo sentiamo, siamo come naviganti, senza bussola e senza timone. Terribile! Non vorrei mai trovarmi in mare aperto senza “sentire”.
Se mi difendo dal sentire, perchè è troppo doloroso, sincero, devastante, impedisco ai sentimenti di aiutarmi, mi faccio guidare da paura e ansia, che sono per eccellenza pessime consigliere. Sto comunicando stasi, blocco, “io da qui non mi muovo“; “ io sono questa e basta“. E’ come una relazione d’amore senza slanci, un lavoro senza creatività, una vita senza progetti, cioè spegnimento.
Come il nostro cuore che non può fermarsi, si contrae e rilascia, così noi abbiamo bisogno per stare bene di movimento, cambiamento, trasformazione, di farci travolgere dal “sentire” che guida l’azione.
Feel and Deal….Lo sussurro come un mantra, come una preghiera… “Fammi canalizzare le spinte emotive verso azioni adattive piuttosto che bloccarle in identità difensive.” dice a tal proposito la mia mentore dott.ssa Erica Poli.
Ricolmami di quell’energia intelligente che sempre scorre, sempre fluisce.