Quando dobbiamo esprimere un concetto intimo, qualcosa che ci ha toccato o che intuiamo nel profondo, usiamo la parola pelle.
“Me lo sento a pelle che è così” diciamo.
Nelle antiche tradizioni Inuit, la pelle rappresenta il proprio Sè, l’anima, ciò che si trova nascosto e segreto in ogni persona e ha una conoscenza profonda e “oceanica”. E nelle culture dedite alla caccia, la pelle è assieme al cibo il prodotto più importante per la sopravvivenza.
La pelle oltre ad essere l’organo più esteso che possediamo, con funzioni di termoregolazione e traspirazione, ci fornisce anche un sistema di allarme grazie alla sua capacità di vedere: i peli che si rizzano sulla pelle inviano un brivido alla persona e risvegliano il sospetto, la prudenza ed altri tratti protettivi.
Quindi la nostra pelle non è soltanto una componente fisica, ma può essere intesa come ciò che ci guida e ci protegge nel nostro cammino.
“Tutte entriamo nel mondo per danzare.
Tutte iniziamo con le nostri pelli intatte.”
Clarissa Pinkola Estés
Quello che più di tutto distingue le donne dagli uomini, è un grande ciclo di andare e tornare, innato e che accompagna la donna per tutta la sua vita: dall’infanzia all’adolescenza, alla giovinezza adulta, attraverso l’amore, la maternità, il lavoro, la saggezza, la creatività, l’anzianità, la pazienza e non necessariamente in ordine cronologico.
Come scrive Clarissa, tutte le donne attraversano una fase di individuazione, di scoperta del mondo, dove decidono di salire sullo scoglio, di togliersi la propria pelle e di danzare. D’un tratto si guardano attorno e non riescono più a trovare quel che le appartiene o ciò cui appartengono. Il nostro senso d’anima va misteriosamente perduto, o piuttosto se ne sta nascosto lontano.
Vaghiamo un po’ disorientate, senza questa nostra “pelle-anima“, nella nostra vita e nelle scelte di tutti i giorni. Poco a poco ciò ci induce a perseguire ciò che si pensa di dover fare, e non quel che davvero si desidera.
Perchè avviene questa perdita?
Perdiamo la nostra “pelle-anima” quando ci lasciamo troppo coinvolgere dai nostri ruoli nella società, diventando troppo esigenti, perfezioniste, o facendoci martirizzare senza necessità, o lasciandoci trascinare da un’ambizione cieca, o abbandonandoci all’insoddisfazione – per noi stesse, la famiglia, la comunità, la cultura, il mondo – senza fare o dire nulla, o pretendo di essere una fonte inesauribile per gli altri.
I modi per perderci sono infiniti.
Come accade?
“Il mondo implora conforto, chiede i fianchi e i seni della donna. Mille mani sono tese, mille voci risuonano, in cerca della nostra attenzione.“
Clarissa Pinkola Estés
Succede in un modo molto più sottile di quel che si pensa: è attraverso il furto delle risorse e del tempo di una donna. Soprattutto certe donne hanno l’impressione che, ovunque si girino, ci sia qualcuno o qualcosa che implora il suo aiuto, che ha bisogno, vuole, desidera.
L’importante da capire non è definire se una persona o una cosa siano giuste o sbagliate per noi, ma è il costo che rappresenta per noi. Quello che ci costa in tempo, energia, osservazione, attenzione, cure, presenza insegnamento, addestramento.
La questione non riguarda il dare e l’avere della vita, ma è andare in rosso che provoca la perdita della “pelle-anima“. I depositi di energia, sapienza, riconoscimento, di idee e di passione sono prosciugati e, di conseguenza, i nostri sensi impallidiscono e si offuscano, non aiutandoci più a riconoscere quanto possiamo davvero donare agli altri.
Purtroppo in un mondo che promuove l’immagine della donna fragile, svagata, che si trascina fra mille cose da fare, la perdita della propria pelle-identità è assai favorevole.
Cosa siamo senza pelle?
Succede che seguiamo chiunque o qualunque cosa ci impressioni per la sua forza. Diventiamo scherzose invece che incisive, accondiscendenti invece che ferme, ci tiriamo indietro dal passo successivo, quello necessario a delimitare chi siamo e cosa vogliamo.
C’è inquietudine, spesso accompagnata da irritabilità.
“E’ tutto troppo vicino per trarne conforto, o troppo lontano per avere la pace.”
Ci sentiamo perse, lacerate, inaridite.
Queste sensazioni arrivano perchè scaturiscono dall’ascolto, conscio o inconscio, di un richiamo, di qualcosa cui non possiamo dire di “no” senza farci del male.
Anche se mentiamo a noi stesse, anche se preferiamo restare invece di andare, abbiamo bisogno di recuperare la nostra pelle, di riappropriarcene, di stringercela addosso e tornare a casa.
Come recuperare la nostra pelle?
L’unico modo è ritrovare e conservare una consapevolezza del suo valore e dei suoi usi. Ci rendiamo conto che senza dare il giusto spazio alla nostra identità profonda, continueremo a farci prosciugare, incastrare, compiangere dagli altri.
Il voler recuperare questa nostra importantissima e istintuale parte di noi non costa necessariamente denaro, ma costa tempo.
Costa un forte atto di volontà dire: “Vado” e avere davvero l’intenzione di andare.
Ma il tempo sembra non essere un oggetto di facile reperibilità ai giorni nostri: le donne hanno spesso pochissimo aiuto e consapevolezza su come poter davvero utilizzare il tempo come risorsa, invece che come macigno.
Il mio aiuto con lo Shiatsu consiste nell’accompagnarti ad apprezzare il tempo che ti concederai nel voler recuperare la tua “pelle-anima“, nel riascoltare ciò che sei nel profondo.
Lo Shiatsu ti permette di risanare i tuoi depositi di energia e vitalità.
In quanto donne abbiamo un prezioso potere istintuale che ci permette davvero di navigare nel mondo a vele dispiegate, attente e premurose verso gli altri, ma prima di tutto forti e compassionevoli verso noi stesse.